Riflessioni della nostra Comunità (2)

Quale lettura facciamo della fragilità? La debolezza può essere fortezza e viceversa;
Sono in gioco una lettura di fede e una semplicemente umana: due logiche a confronto;
Assumere una logica di fede significa assumere, come tutti, Gesù Cristo come modello fondativo e, per la nostra Comunità, San Francesco come modello ispirativo.

Modello fondativo: Gesù Cristo
a)
Per Gesù Cristo la debolezza non è una condizione, ma una scelta, per noi è una condizione che può essere una scelta, cioè vissuta come libertà e non come costrizione.
b) Nella fede è abitare la condizione umana che Dio ha scelto per essere come noi perché possiamo diventare come lui.
c) Per i discepoli di Emmaus ritornare a Gerusalemme, dopo esserne fuggiti, è stata la condizione per diventare non solo destinatari della risurrezione, ma anche testimoni: «Abbiamo visto il Signore».
d) «Metti qua il tuo dito e sii credente». Trovare un "attacco" e un "passaggio" tra le ferite di ogni croce e l'esperienza di ogni risurrezione è la difficoltà e la fatica di Tommaso e di ogni credente. Infatti dopo otto giorni dall'annuncio della risurrezione, Tommaso ancora non ha fatto suo quell'evento. Per entrarvi dentro si deve riconciliare con le piaghe non solo del crocifisso, ma anche del risorto. Come se le piaghe fossero una dimensione costante di ogni atto di fede.
e) Portiamo questo tesoro in vasi di argilla che rischiano di spezzarsi. Sotto un altro aspetto questo rischio è anche un'opportunità, infatti solo se il vaso si spezza, si apre, il suo contenuto di profumo si sprigiona per tutta la casa.


Modello ispirativo: San Francesco
a) Francesco pone una premessa al contenuto del Piccolo Testamento di Siena nella quale fa riferimento alla sua e nostra condizione di fragilità: «Siccome non posso parlare a motivo della debolezza e per la sofferenza della malattia». Questa premessa lo porta a riassumere e ad esprimere ciò che è veramente essenziale nella vita: «Sempre si amino tra loro, sempre amino ed osservino nostra signora la santa povertà, sempre siano fedeli e sottomessi ai prelati e a tutti i chierici della santa Chiesa». Espressioni nelle quali sono riassunti i valori che possono rendere veramente interessante vivere la vita. Questo contenuto esprime in maniera chiara ed inequivocabile che ogni valore, quale quello della povertà che Francesco raccomanda ai suoi, altro non è se non vivere positivamente la vita come relazione. Perché l'uomo è un cosmo di relazioni e soprattutto un cosmo in relazione.
b) Francesco su questa debolezza impianta nuove relazioni umane. E così dalla minorità nasce l'uguaglianza della relazione tra tutti. Nasce anzi la relazione come dono. E siccome la relazione non è un'astrazione, ma le persone concrete riceve il dono dei fratelli.
c) La debolezza è un'occasione ed una risorsa. È possibilità di inediti sviluppi. È apertura di orizzonti divini in ambito umano.
d) Essa va dunque accolta, vissuta, attraversata, trasfigurata nella convinzione che nella stessa misura diventerà gloria. Questo faceva dire a Francesco «Tanto è il bene che mi aspetto che ogni pena mi è diletta».
e) La fragilità, per Dio che l'ha assunta e per l'uomo che se l'è procurata, non è una condizione definitiva. Non era nel progetto di Dio e non deve essere nei nostri. E se non era all'inizio significa che non sarà. È solo un momento, un passaggio e uno snodo della nostra vita. È e va vissuta unicamente come percorso. In questa logica è solo un segno che rimanda ad altro. Qualcosa di piccolo, di limitato e limitante che rinvia a qualcosa di molto più grande e di oltre che la supera. La fragilità di cui viviamo va pertanto aperta, attraversata con la convinzione di percorrere un tunnel che ci conduce verso la luce piena.
f) La nostra fragilità ci mette in balìa delle condizioni e dei condizionamenti della vita. Ci rende, per utilizzare il frasario di san Paolo, spettacolo dinanzi al mondo. Spettacolo di debolezza, ma nonostante tutto o proprio per questo spettacolo divino: «Quando sono debole è allora che sono forte».